Un cucciolo di cane orfano viene adottato da un uomo col riporto e folti baffi che se ne prende cura e lo porta con sé nel suo luogo di lavoro, il tribunale. Quell'uomo è un giudice, il giudice Falcone, e gli anni sono i terribili anni Ottanta di Palermo e di tutta l'Italia.
Una storia tra fantasia e realtà raccontata da Uccio, cane meticcio scampato alla morte che invece non ha risparmiato la sua mamma.
Uccio, un cane con un forte senso di giustizia e con una dote particolare: è un cane veggente che riesce a sentire il pericolo bomba e a capire che avverrà un attentato prima che lo stesso accada.
E Uccio pensa di dover mettere questo suo dono al servizio degli altri e cerca di affinare il suo ululato per avvisare le persone innocenti del pericolo imminente.
Ed è proprio durante un suo allenamento che conosce quello che diventerà il suo papà, un uomo speciale, il giudice Falcone.
Dario Levantino ha realizzato un romanzo che, attraverso gli occhi di un cane, con la sua innocenza, ci racconta un momento storico che ha segnato la vita di tutti noi.
Attraverso gli occhi di Uccio assistiamo agli omicidi di mafia, all'epoca dei grandi pentiti e dei grandi magistrati che hanno contrastato Cosa nostra.
L'amicizia tra Uccio e Giovanni è un'amicizia tra simili, entrambi con un forte senso di giustizia ed entrambi in momenti diversi della loro vita saranno abbandonati.
"Il cane di Falcone" è un romanzo che mi ha commosso dalle prime pagine fino alle ultime.
Attraverso il racconto di Uccio lo scrittore ripercorre, con delicatezza ma anche con ironia e con dovizia di particolari, la vita di Giovanni Falcone e Uccio diventa poi espressione di uno dei più grandi insegnamenti che Falcone ha lasciato a noi tutti: la forza del coraggio.
"𝑳'𝒊𝒎𝒑𝒐𝒓𝒕𝒂𝒏𝒕𝒆 𝒏𝒐𝒏 è 𝒔𝒕𝒂𝒃𝒊𝒍𝒊𝒓𝒆 𝒔𝒆 𝒖𝒏𝒐 𝒉𝒂 𝒑𝒂𝒖𝒓𝒂 𝒐 𝒎𝒆𝒏𝒐, 𝒍'𝒊𝒎𝒑𝒐𝒓𝒕𝒂𝒏𝒕𝒆 è 𝒔𝒂𝒑𝒆𝒓 𝒄𝒐𝒏𝒗𝒊𝒗𝒆𝒓𝒆 𝒄𝒐𝒏 𝒍𝒂 𝒑𝒓𝒐𝒑𝒓𝒊𝒂 𝒑𝒂𝒖𝒓𝒂 𝒆 𝒏𝒐𝒏 𝒇𝒂𝒓𝒔𝒆𝒏𝒆 𝒄𝒐𝒏𝒅𝒊𝒛𝒊𝒐𝒏𝒂𝒓𝒆. 𝑬𝒄𝒄𝒐, 𝒊𝒍 𝒄𝒐𝒓𝒂𝒈𝒈𝒊𝒐 è 𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒐, 𝒂𝒍𝒕𝒓𝒊𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊 𝒏𝒐𝒏 è 𝒑𝒊ù 𝒄𝒐𝒓𝒂𝒈𝒈𝒊𝒐 𝒎𝒂 𝒊𝒏𝒄𝒐𝒔𝒄𝒊𝒆𝒏𝒛𝒂".
Uccio, per anni bloccato dalla sua paura più grande, scopre il coraggio di superarla negli ultimi anni della sua vita, quando, ormai anziano, ricorda la frase del suo "papà" e capisce che deve trasformare tutta la sua paura in coraggio e sconfiggere così i suoi fantasmi.
Nonostante la narrazione sia ovviamente romanzata, l'autore ha tratto l'ispirazione per il protagonista da una storia vera. Uccio non è stato il cane di Falcone ma lo è simbolicamente diventato. Uccio e Falcone non si sono mai conosciuti ma realmente, dopo che la statua raffigurante Falcone e Borsellino fu posta nel tribunale di Palermo, un randagio, che venne appunto chiamato Uccio, comparve all'improvviso e prese l'abitudine di accucciarsi ai piedi del giudice Falcone.
Uccio divenne la mascotte del tribunale, nessuno osò mai cacciarlo dal posto che aveva scelto per sé e rimase lì fino alla fine dei suoi giorni.