"(...) il 6 giugno dell'anno del mio sesto compleanno, in una data considerata fausta per i progressi nell'apprendimento delle arti tradizionali, ho impugnato il pennello destinato esclusivamente a me e ho tracciato i miei primi caratteri. Le setole del pennello erano fatte con i miei capelli di neonata."
Hatoko, da tutti chiamata Poppochan, eredita dalla nonna una cartoleria e il mestiere di scrivana pubblica.
"Essere uno scrivano al servizio degli altri significa agire nell'ombra, come una controfigura."
E questo è ciò che fa Poppochan: uomini e donne, giovani ed adulti, vanno da lei e le aprono il loro cuore perché traduca in parole i loro sentimenti.
Diverse sono le storie e tutte offrono qualcosa sia a chi commissiona il lavoro che a chi lo esegue.
Scrivere per altri è per Poppochan anche momento di crescita e per lei la scrittura è specchio dell'anima.
Questo romanzo profuma di inchiostro, di fogli di carta e colla di francobolli.
È un inno alla scrittura, alla calligrafia (intesa proprio come bella grafia) e ai bei sentimenti. Tutto reso in maniera poetica come la letteratura nipponica riesce a fare.
"La cartoleria Tsubaki" rappresenta nella maniera migliore questa realtà, Hatoko ci porta in un mondo gentile, delicato, dove tutto ha un significato: la scelta della penna da usare, del tipo di carta, addirittura la scelta di un francobollo specifico per l'invio della lettera, nulla è affidato al caso.
Amo i romanzi giapponesi perché parlano di tradizione, di un mondo per certi versi molto diverso rispetto al nostro, di attenzione al particolare e al significato di parole e gesti.
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